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Canestrelli a volontà

Questo mese di maggio é stato generoso nell’offrire prodotti di mare fantastici.
Appena finito il periodo delle moeche sono venuti fuori canestrelli favolosi.
Io ormai sono fanatico dell’aperitivo che trovo essere un momento fondamentale ed importantissimo per introdurre a tavola i graditi ospiti che possiamo avere a cena.
La ricetta è semplice ma comunque richiede attenzione soprattutto nella cottura.
Prendete i canestrelli con mezza conchiglia metteteli sulla griglia bella calda ovviamente appoggiati sul lato della conchiglia. In ogni canestrello mettete un goccio di olio magari aromatizzato al prezzemolo oppure il prezzemolo lo potete mettere alla fine fresco ben tritato.
Fatto questo chiudete il grill in modo da dare un effetto forno. Così i canestrelli, delicatissimi, manterranno la loro umidità, cucineranno ma non si seccheranno.
Qualche minuto di cottura e sono pronti.
Attenzione, bisogna aspettare un po’ prima di mangiarli in quanto la conchiglia tolta dal grill sarà rovente.
Un pizzico di sale e poi immaginate di abbinarvi un bel franciacorta ghiacciato. Deliziosa combinazione che vi farà degustare tali prodotti esaltando il gusto prima del l’uno e poi dell’altro.
Le cose semplici a volte sono veramente le più buone.
Un abbraccio
Chef Antonio

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RICETTA PER PAOLA

La mia tempura da aperitivo: “Tempura di  sarde, pere, mele, zucchine e salvia” Amo preparare questo piatto che trovo divertentissimo. L’ho studiato molto in quanto ritengo che fare un buon fritto non sia per nulla semplice. Quella che amo fare più di frequente prevede l’uso delle sarde, della mela, la pera, delle zucchine e salvia. La frutta va pelata e tagliata a pezzi non troppo grandi e soprattutto non spessi;  le sarde devono essere pulite dalla lisca quindi aperte e tenute intere se sono abbastanza piccole, le zucchine tagliate a listarelle non troppo sottili. La pastella che amo  fare è composta da una miscela di farina 00 e di riso in parti uguali. La farina 00 fungerà da legante e quella di riso renderà la pastella leggera e gonfia. Alla farina così composta aggiungerò la birra chiara ghiacciatissima e per matenere fredda la temperatura di questa miscela  opererò usando del ghiaccio alla base della terrina dove impastando. Aggiungerò la quantità sufficiente di birra affinche si ottenga una consistenza non troppo liquida, tipo melassa in modo che i vari pezzetti di pesce, di frutta e verdura  siano perfettmente ricoperti  stando attenti ad eliminare le eccedenze di pastella altrimenti poi in cottura si gonfierà troppo. Per friggere si useranno esclusivamente olio di girasole o arachidi per ottenere alte temperature senza raggiungere il punto di fumo. Useremo un pentolino e porteremo l’olio ad una elevata temperatura in modo che la frittura cuocerà molto velocemente  e lo shoc termico farà in modo che l’olio non venga assolutamente assorbito dal cibo ma rimarrà all’esterno croccantizzando perfettamente. Il fritto risulterà asciuttissimo, gonfio (aiutarsi con carta da fritti per assorbire l’olio in eccedenza), leggerissimo e croccante. In fine posso salare a piacimento. Trovo piacevolissimo alternare il gusto del pesce a quello della frutta e della verdura che con l’acidità che detiene pulirà e rinfrescherà la bocca. Accompagno in genere questa tempura con della creme fresh o anche una panna acida. Abbiamo quindi realizzato un piatto dove è presente la nota croccante, la nota di sapidità data dalla sarda, l’acido della frutta e ritengo che per completare l’aperitivo il vino più adatto sia un Prosecco Superiore DOCG Millesimato Extra Dry.Le caratteristiche organolettiche di questo vino prodotto nelle colline di Conegliano e Valdobbiadene ben si sposano al piatto e  sono: l’ aspetto di colore giallo paglierino, con spuma brillante e sottile,  un perlage fine e persistente,  profumo fruttato con sentori di mela golden,  pera,  banana con un retrogusto molto armonico che ricorda appunto la frutta fresca perfetto quindi da abbinare al nostro piatto. Un perlage finissimo Dovrà essere bevuto freddissimo. Al palato il contrasto della tempura calda e croccante con quello del vino freddissimo e dai profumi che ben si legano agli ingredienti della tempura darà un risutato molto piacevole. Buon appetito
Chef Antonio

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Stracotto all’Amarone
Servito con verdure di campo e patate prezzemolate, lo stracotto è preparato con polpa scelta di cappel del prete ovvero da carni di spalla di bovino nato, allevato, macellato e sezionato in Italia, mediante cottura prolungata a bassa temperatura previa marinatura con verdure fresche e vino Amarone stagionato (Corvina dal 70 al 40%, Rondinella dal 20 al 40%, Molinara dal 5 al 25%)  con sentori olfattivi di frutta matura, confettura di amarena e di lamponi misti a profumi di muschio e tabacco. La crema di accompagnamento viene preparata da  un omogenato di verdure marinate, e restrizione di Amarone con aggiunta di cioccolato nero (mistura in parti uguali di tre Ghirardelli Intense Dark Chocolates: evening dream 60%  cacao, Midnight reverie 86% cacao, Twilight Delight 72% cacao.
Le sorane ovvero bovini giovani dell’alto vicentino pascolano fino a 12/14 mesi con la mandria d’origine, e dopo lo svezzamento ingrassano per 7/8 mesi nelle  stalle Vicentine, dove vengono nutrite con granoturco, orzo, fieno, paglia provenienti dai campi locali, e soia, bietole, sali minerali acquistati solamente da fornitori delle Venezie (nessun tipo di mangime), tanto che la razza viene definita “Soranissima”.
Amarone, è un rosso veronese strutturato classico della Valpolicella il cui nome lo contrappone al dolce del Recioto da cui ebbe, seppure involontariamente, origine. La gradazione minima prevista è di 14º fino ai 16º. Deve invecchiare oltre 2 anni, per essere etichettato doc. La temperatura di servizio ideale è dai 18 ai 20 °C. Il nuovo epiteto Amarone per indicare il Recioto Amaro nasce nella primavera del 1936 nella Cantina Sociale Valpolicella, ad opera del capocantina Adelino Lucchese palato e fiuto sopraffini, che, grazie al fortunato ritrovamento di una botte di recioto dimenticata in cantina, spillando il Recioto Amaro dal fusto di fermentazione, uscì in una esclamazione entusiastica: “Questo non è un Amaro, è un Amarone”. Il capocantina aveva regalato alla Valpolicella la parola magica. Praticamente il recioto, messo in botte e poi dimenticato, continuò a fermentare fino a diventare secco. Gli zuccheri si sono così trasformati tutti in alcol facendo perdere al vino la dolcezza e caratterizzandolo per  contrapposizione come Amarone. Di “vino amaro” si parlava fin dai tempi di Catullo nei Carmina come “calices amariores” e Cassiodoro nei primi anni del 500 parla dei vini della Valpolicella “neri, dolci, maturi e talora amari”. Assaggiatori francesi a Parigi nel 1845 su una partita di vino “Rosso Austero Costa Calda” di S. Vito di Negrar vecchio di 11 anni dichiararono: “Supremo vino d’Italia… preferibile a diversi Bordeaux ed Hermitage”. Per trovare la prima etichetta e il primo documento di vendita dobbiamo arrivare al 1938, ma venne ufficialmente commercializzato a partire dal 1953 da parte della cantina Bolla. Per i cioccolati  ricordiamo che Ghirardelli è una azienda cioccolatiera americana  nata nel periodo della corsa all’oro dell’800 in California,  che ancor oggi controlla il processo di manifattura dal chicco di cacao al prodotto finito. La mistura dei cioccolati neri da loro prodotti offre oggi un sapore unico legato alla qualità della materia prima e dal processo di lavorazione con un inimitabile sentore di vaniglia. Interessante sapere che nello stesso 1852, mentre Ghirardelli iniziava la sua produzione, a Torino Michele Prochet cominciava a miscelare cacao con nocciole tritate creando la pasta Gianduia che verrà poi prodotta sotto forma di gianduiotti .

Chef Claudio