Come la musica di Mozart, Venezia ha la capacità di suscitare, e soprattutto di assecondare, gli stati d’animo più diversi e opposti. Se il mercato di Rialto rappresenta il suo “allegro vivace”, un tramonto nebbioso alla Giudecca è un “adagio cantabile”: ammiratelo ascoltando il concerto per clarinetto, e non riuscirete a trattenere le lacrime. Ma per fortuna i finali dei concerti sono sempre raggianti e briosi. E così è il libro di Paola Caovilla. Le guide per conoscere Venezia sono molte. Quelle per farla amare sono poche e del resto una città si ama vivendola e non leggendone la storia o la geografia. Esse hanno generalmente in comune l’attitudine pedagogica e precettiva che tende a indirizzare il visitatore secondo schemi convenuti. Ne deriva spesso un senso di fastidio e di noia, perché il lettore sente che manca la “dominante” del concerto, quell’accordo armonico che dà unità alla composizione. Dopo essersi saziato di indicazioni di itinerari, ristoranti, musei e negozi, l’esausto viaggiatore ha l’impressione di entrare in una città come tante altre. E invece non è così. Perché Venezia è unica e – nel bene nel male – non sopporta le regole e i luoghi comuni. Questo libro vuole mostrarvela come nessun altro ha fatto prima. Il suo segreto risiede nello spirito “souple et goguenard”, che lo anima; una vitalità scanzonata e gioiosa che riflette il carattere solare della sua autrice. Il che non significa affatto che sia frivolo. Al contrario: esso esprime quell’energia esuberante e feconda che ha fatto di Venezia, per secoli, la città più vivace e multietnica del mondo occidentale. È stata una scelta saggia. Anche se l’atmosfera attuale evoca egoismi nazionalistici, o forse proprio per questo, Paola ha regalato un soffio di brio cosmopolita, reso ancor più gradevole, e per questo più efficace, dall’alternarsi di consigli originali e di immagini suggestive. Evitando i luoghi comuni, che tormentano il lettore con la loro logorante ripetitività, Paola ci orienta verso una visione della vita più indulgente e benevola e in fondo anche più realistica. Diciamo la verità: ne abbiamo abbastanza delle amanti di Casanova e dei malaticci di Thomas Mann. La “Débauche et la Mort”, les très belle filles care a Baudelaire, non entrano in un questo libro. Esse cedono il passo alla vitalità rumorosa dei bàcari, alla vibrazione delle acque e ai colori delle isole, alle curiosità nascoste di angoli sconosciuti, alle raffinatezze della moda e tentazioni della cucina. Anche i luoghi dell’arte e degli incontri culturali, di cui Venezia è ricca ma non abbastanza orgogliosa, vengono ricordati con un invito delicato, senza il sussiego severo e persino arcigno che spesso allontana l’impaurito neofita. Anche questa è una scelta giusta, perché all’arte ci si accosta con il cuore semplice, sgombro da intellettualismi didattici e snobismi elitari, magari prendendo spunto da situazioni ordinarie e usuali. Guardate con attenzione le immagini dello squero di san Trovaso: non c’è modo migliore per prepararvi ad apprezzare i nostri pittori moderni, da Tito a Nono, da Favretto a Zandomenghi, che poi troverete nei musei e, se ne avete la fortuna, nei palazzi veneziani. Infine l’ultimo saggio consiglio dell’autrice: perdersi per Venezia è il modo migliore per visitarla. È vero: affidandosi al caso e al fiuto, “ en flanant”, senza orari e senza scopo, solo così si coglie la vita e lo spirito di questo angolo unico al mondo. Senza rimpiangere i fasti passati e anche senza illusioni sull’incerto avvenire, goderne il fascino di un immobilismo mutevole, e infine riflettere allegramente, davanti a una brocca di vino, sulle alterne stravaganze della vita.
Carlo Nordio